venerdì, maggio 29, 2009

Cosa significa morire??


Lo so che sembra buffo, ma io sono un fan di Ornella Vanoni, la sua voce è per me ammaliante e ipnotica, ... non lo so spiegare, e le sue canzoni acquistano sempre un fascino dalla sua interpretazione (al di là del fatto se le ha scritte il maestro Califano o no....)... ed in fondo in più di una canzone lei ha cantato che "bisogna un po' morire per poter vivere"... si tratta della classica accezione di morte intesa come possibilità di rinascita interiore.... ma ovviamente tutto questo in un contesto cristiano assume un valore ultraterreno, c'è un ribaltamento, .... oltre la morte, la vita insomma! A volte mi stupisce come la cristianità ortodossa sia così vicina a noi, e di come dia ancora più importanza a questo concetto (vedere libro di Kallistos Ware, lvescovo greco-ortodosso, libro letto spesso anche dai ragazzi cattolici che hanno appena finito il seminario). Kallistos, nel suo libro, da un terzo ruolo alla morte, come una separazione che alla fine separazione non è. Tutto ciò che vive è una forma di morte; noi moriamo in continuazione. Ma in questa esperienza quotidiana della morte, ogni morte è seguita da una rinascita: ogni morte è anche una forma di vita... tutta la nostra vita si compone di unas erie di "piccole" morti e nascite... un modello identificato anche nella notte che si alterna al giorno. A più riprese, qualche cosa di noi deve morire affinchè possiamo passare alla tappa seguente della vita. E queste transizioni, possono portare delle vere e proprie crisi, talvola anche molto dolorose, così dolorose che noi, in un dato momento, rifiutiamo questa necessità di morire, ed allora non ci è possibile uno sviluppo che ci consenta di diventare persone autentiche. E' davero bella una frase che scrisse George MacDonald nel suo romanzo Lilith, " voi sarete morti finchè rifiuterete di morire". La morte del vecchio che fa emergere il nuovo. Diventare adulti è una forma di morte, così come l'esperienza del partire, la separazione da luoghi e persone, ... (detto alla francese, partir, c'est mourir un peu). Questo significa crescere, ma per fare tutto questo ci vuole davvero tanto coraggio! ... ed allora è così che ci aggrappiamo all'antico rifiutando il nuovo... Dopo una mia tragedia sentimentale, mi è risaltata agli occhi delle parole scritte da Cecil Day Lewis (scritte nel libro "Riconoscete Cristo in voi?"), "il delinearsi di una personalità incomincia con una partenza, ed abbandonando la presa che si dimostra di amare"... già, mi sn sempre chiesto il significato di queste ultime parole: abbandonando la presa che si dimostra di amare. Sono sincero, penso si non aver appreso ancora a pieno questo significato. Lo scacco in amore è spesso l'inizio della maturazione nei ragazzi più giovani, ma anche il lutto, la perdita di qualcuno amato, implica una morte nel cuore di colui che rimane, come se una parte di noi non ci fosse più, come se ci avessero amputato un arto. Affrontare il dolore e accettarlo rende ciascuno di noi più autenticamente vivo di prima. La morte, alla fine, non mira alla distruzione, ma alla creazione, per noi fedeli addirittura resurrezione, parchè la morte che sopraggiunge alla fine della vita terrena è dello stesso ordine, che assume un signiicato pieno nella vita, morte e resurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo. La nostra storia personale deve essere compresa alla luce della sua storia, la morte del Cristo è una morte "creatrice di vita".

martedì, maggio 19, 2009

Dilemma del Prigioniero


Come spiegare l'emergere di comportamenti cooperativi??... per dei semplici studenti di economia è davvero una banalità studiare il dilemma del prigioniero, ma se lo studiano, significa che forse sta alla base di tante cose, discipline e non (non a caso, la teoria dei giochi nelle facoltà di economia è fondamentale per lo studio degli agenti di mercato ed utilizza alcuni modelli che descrivono i comportamenti di soggetti in condizioni di incertezza o con incompletezza informativa). La Teoria dei Giochi è una disciplina di studio che ha come oggetto il problema dell'interdipendenza tra i soggetti partecipanti ad un "gioco", sia inteso in senso stretto come gioco di società, sia in senso lato come un negoziato politico, una strategia di mercato, un piano di battaglia. Secondo i limiti della categoria del self interest, il comportamento degli esseri umani seguirebbe due logiche: comportamenti ispirati da un orientamento cooperativo e comportamenti ispirati da un orientamento competitivo. Nelle realtà sociali complesse la compresenza di tipi motivazionali differenti rende possibile ogni esito dell'interazione tra gli individui. Come è possibile allora fare emergere la cooperazione facendo leva sulle strutture motivazionali individuali??...

Perchè gli individui persistono ad assumere comportametni scorretti? ... nella società si innescano dei meccanismi di interdipendenza tra i diversi agenti ed è necessario che si formi un meccanismo che "segnali" ad ogni individuo ciò che gli altri membri della comunità si aspettano da lui, ciò che egli può aspettarsi dagli altri, le ricompense e le sanzioni che si ottengono nel caso in cui i comportamenti sono coerenti con le aspettative e viceversa... per evidenziare il contrasto tra razionalità individuale e colletiva, viene riportato in forma di gioco il dilemma del prigioniero, dove abbiamo due prigionieri, ma non ci sono prove sufficienti per trattenere i 2 complici. Vengono interrogati separatamente e viene loro proposto di denunciare il complice; se nessuno denuncia l'altro, entrambi verranno trattenuti fino al tempo massimo stabilito dalla legge, ma se uno solo dei due denuncia l'altro, colui che ha collaborato verrà rilasciato mentre l'altro verrà condannato al massimo della pena. Se i due, però, si denunciano a vicenda, verranno entrambi condannati ma, poichè hanno collaborato con la giustizia, riceveranno uno sconto della pena. Il dilemma in sè, anche se usa l'esempio dei due prigionieri per spiegare il fenomeno, può descrivere altrettanto bene la corsa agli armamenti, proprio degli anni '50, da parte di USA e URSS (i due prigionieri) durante la guerra fredda.
L'esito più vantaggioso sembrerebbe denunciare il complice, ma il che comporta una condanna per entrambi (da premettere che uno non sa cosa farà l'altro), il che significa che il risultato sarebbe peggiore di quello ottenuto in caso di comportamento omertoso (cioè, se nessuno dei due avesse confessato, uscendo dopo il tempo massimo stabilito dalla legge). Da questo emerge che il comportamento opportunistico ed egoistico spinge la società ad ottenere il massimo in termine di benessere individuale ma condurrà ad un risultato collettivo peggiore... e non è una cosa stupida, perchè in pratica se le persone tutte cooperassero il risultato individuale sarebbe incredibilmente maggiore rispetto ai singoli comportamenti egoistici. In sè forse non si è detto nulla di nuovo per molti, ma il dilemma del prigioniero ha causato interesse come esempio di gioco in cui l'assioma di razionalità pare apparentemente fallire, prescrivendo un'azione che procura più danno ad entrambi i contendenti della scelta alternativa (non confessa, non confessa). Non è certamente facile trovare una soluzione al gioco, bisogna chidersi se è possibile che non esista alcuna conclusione logica che permetta al prigioniero di sperare di non rimanere in prigione ... La miglior strategia di questo gioco non cooperativo è (confessa, confessa). Per ognuno dei due lo scopo è infatti di minimizzare la propria condanna; eppure sembra che non ci sia una soluzione razionale al bene comune.
Per i giocatori il migliore dei mondi possibili è quello di vivere in un mondo pulito (immaginiamo che giochino un numero N di giocatori abbastanza grande da far si che il comportamento del singolo influisca molto poco sul risultato finale)... le soluzioni del problema si ritrovano in evoluzioni più complesse del gioco stesso....

mercoledì, maggio 13, 2009

L'importanza dell'istruzione

Tempo fa, per fare pratica d'inglese, ho spulciato nella libreria tra le colonne di DVD di mio padre, ... nell'indecisione totale, tra film belli ma stravisti e film da offerte 3x2 da supermercato a 4,99 euro, ... mi sono spuntati agli occhi 2 o 3 dvd... Ho letto "IRIS: un Amore vero". Dal titolo smielato mi stava venendo una sorta di dolore diabetico... poi ho pensato, ..."beh, però una dose di drammaticità amorosa ci sta tutta così come sto messo sto periodo, cioè sentimentalmente afflitto...", e siamo andati per Iris! Ovviamente all'inizio è stata una tragedia con l'inglese, però ho scoperto che molti concetti in inglese rendono veramente bene, soprattutto se detti in lingua originale da una scrittrice inglese famosissima, ma quasi per nulla in Italia (non è che a noi mancano scrittori in effetti... anzi). Io ho provato a tradurre, perchè la versione italiana era un po' diversa, e ne è uscito più o meno questo. innanzitutto all'inizio del film c'è un discorso fatto da un Iris Murdoch anziana, prima che la colpisse la malattia, sull'importanza dell'Istruzione: "Non è l'istruzione che ci rende felici, nè la libertà. Non diventiamo felici perchè siamo liberi, se lo siamo, o perchè siamo stati istruiti, se lo siamo stati, ma perchè l'istruzione può essere il mezzo con il quale capiamo che siamo felici. Apre i nostri occhi, le nostre orecchie, ci dice dove si celano le delize, ci convince che c' una sola libertà veramente importante: quella della mente. Ci dà la sicurezza e la fiducia di percorrere il sentiero che la mente istruita ci offre... "


Poi, alla fine di questo discorso, in presenza del marito anziano, comincia a cantare davanti una folla una canzone: "Gli parlerò del mio amore, dell'adorazione della mia anima, e penso che mi sentirà e non mi manderà via. E' questo che dà alla mia anima tutta la sua gioisa esaltazione e sento le dolci allodole cantare nell'aria chiara del mattino..."
Una delle sue frasi più belle (anche se di aforismi suoi se ne trovano tantissimi) è quando, ancora studentessa all'università, "L'amore insoddisfatto si preoccupa di capire, mentre l'amore vero non ha queste necessità. Una volta riconosciuto ha lo stampo dell'indubitabilità". parole sacrosante, eppure non ci arrendiamo mai alla veridicità di queste parole...
Iris Murdoch, personalità di grandissimo rilievo nel mondo accademico e letterario internazionale, è deceduta a Oxford nel 1999 per un terribile Alzaimer, proprio lei fu olpita di una malattia che colpì il suo complesso mondo interiore....


Una cosa però mi ha lasciato un po' perplesso, una cosa che io ho un po' interpretato a modo mio, ma chiedo delucidazioni ad animi più riflessivi, quando dice: "C'è qualcosa di ambiguo del descrivere i sentimenti delle persone. Pur essendo accurati, il linguaggio non basta, anzi, generà falsità. Quando affermiamo la verità le parole sono sufficienti. Quasi tutto, tranne cose come:" mi passi la salsa?". E' una specie di bugia, il che vale anche pper ciò che ho detto. Quindi... mi passi la salsa??"...


Mah,... lascio irrisolto tutt ciò...