venerdì, marzo 26, 2010

Il perdono di Anseln Grun


Anselm Grun è un monaco benedettino entrato nel monastero di Munsterchwarzach (Germania) a soli 19 anni. Dopo aver compiuto studi filosofici, teologici e di economia aziendale ha tenuto numerosi corsi e conferenze e da alcuni anni e' uno tra i più letti autori cristiani. Il suo ultimo libro e' intitolato "Il libro delle risposte" (quello che praticamente sto leggendo in queste serate) nella quale si addentra in argomenti a dir poco complessi, ma non e' questo di cui voglio parlare, anche perche' il mondo letterario e' pieno di opere e testi sulla vita, sulla spiritualità o piu' comunemente addirittura di autori, improbabili persone di successo, che vogliono insegnarti la vita (niente di più sciocco a mio avviso dal momento che si impara quasi sempre sulle proprie esperienze ed ogni cosa va relazionata al nostro essere unici e non certo ad un generico manuale di vita universale). Forse cio' che mi prende molto di questo scrittore e' il suo modo di avvicinarsi alle persone (seppur con parole scritte, ma il concetto non cambia), e non si tratta di comune retorica, ma di un modo basato sulla discussione, scrivere risposte a domande fatte da persone del tutto normali, ognuno con problemi differenti, domande fondamentali che riguardano i principali temi della vita, fatte da giovani, da persone con ogni situazione di vita, ... risposte sempre soggettive (in quanto non verificabili dal punto di vista obiettivo) ma che partono da una esperienza di vita. E così come le domande inducono a pensare, anche le risposte inducono a pensare, fungono da stimoli, non si cercano risposte, ma si cerca di affrontare una risposta. Perche' ho comprato questo libro? ,,, perche' leggendo la premessa del libro mi sono reso conto che solo chi si pone domande giuste puo' scoprire risposte che lo aiutano ad andare avanti, e spesso io non ho ascoltate risposte a domande importanti per il semplice fatto che quelle domande non me le ero mai poste. Chi pone le domande migliori puo' infatti portare avanti una discussione ed in tale modo contribuire piu' di tutti alla soluzione del problema. In questo piccolo spazio non posso addentrarmi alla moltitudine di pensieri espressi nella miriade di domande contenute nel libro, però cio' che per me è importante consiste nell'approccio filosofico ai probabili problemi che vuole dare un tale testo. Una buona risposta spesso suscita nuove domande, e spesso fidandoci delle nostre domande riusciamo a dare noi stessi delle risposte. Non si tratta quindi di regole di vita, al massimo possiamo trovare dei consigli, e solo se cerchiamo una risposta a tutte queste domande, dice Anselm Grun, davanti a noi allora si dispiegheranno in modo nuovo queste relazioni ed il senso che si può dischiudere in esse. Un annetto fa, o poco più, subiì una forte delusione che mi aveva portato a leggere un libro sul perdono che mi aveva davvero colpito, parlava del perdono come una guarigione interiore, come una cura da una malattia invisibile nella quale si può uscire guariti solo se riusciamo a liberarci da questo veleno interno che logora noi stessi (perdonare quindi per fare del bene a noi, e poi agli altri). Il messaggio era stato chiarissim, e quindi io mi impegnai molto ad attuare tutto quello che mi ero preposto di fare, non sottovalutando la dolorosità di questo processo, nonché i lunghissimi tempi. A pagina 34 di questo libro ancora una volta si parla di perdono, perdono in questo caso come riconciliazione. E' qui che ho potuto fare un confronto diretto cone la mia esperienza personale. Perdono quindi come liberazione dall'energia negativa che mi porto ancora dentro e, se non perdono l'altro, sono ancora legato a lui, allora l'altro ha ancora potere su di me. Il perdono è la liberazione dal potere dell'altro su di me. Mi separo dalla ferita, la lascio all'altro. Me ne libero. Sciolgo i ceppi che mi portano a èèconcentrarmi sempre sulla ferita (pag. 35 del libro). Il perdono fa parte dell'igiene dell'anima. Il processo è lungo e doloroso, ma se la riconciliazione riesce è liberante. Però caspita, e' anche vero che spesso il perdono forse è anche mantenere una sana distanza da colui che ci ha ferito, perche' dobbiamo fare in modo che la cicatrice in noi non si apra di nuovo. Queste parole mi hanno anche fatto capire altro, mi hanno fatto pensare che io in realtà piu' di un anno fa non avevo perdonato l'altra persona, ero rimasta molto legato all'altra persona, quella ferita era al centro della mia vita, dei miei pensieri,... la triste realtà e' che io non l'avevo in effetti perdonata, avevo soloè una dichiarata volonta' di perdonarla, ma non ci ero riuscito. C'era anche un motivo che limitava questa guarigione, cioe' il non ammetteère da parte dell'altro la propria colpa, offrire il perdono e poi addirittura sentirsi rifiutare questa offerta. Questo significa che in nessun caso dovremmo metterci in condizione di dipendenza dalla sua reazione. Dall'esperienza di un anno ho forse imparato anche come farmi perdonare, ma da qualche mese sto vivendo nuovamente questa situazione con quello che pensavo fosse il mio migliore amico.

domenica, marzo 21, 2010

«Notte Oscura» dell'anima e la dottrina del Nada y Todo

Ritorno verso Roma, in uno dei miei periodici spostamenti... viaggio dopo viaggio l'autogrill della Casilina diventa sempre più di casa, con il solito caffè, la solita pausa, il solito giro per gustare un po' di spirito pendolare (... o viaggiatore, non saprei... ), per poi rimettersi in cammino. Ma come io dico sempre il vero viaggiare non è certo stare al volante di una macchina, e forse nemmeno tanto stare ai comandi di un aereo, in una carlinga, nei cieli per il mondo... più di tutto il viaggio è legato alla scoperta, all'esperienza, all'evoluzione delle cose, all'arricchimento, un susseguirsi di posti e cose nuove, materiali e non. Io ho sempre affermato, anche più volte in questo blog, che i posti dove si viaggia di più sono forse le librerie, le biblioteche, i luoghi dove è di casa la cultura, la conoscenza, la curiosità, l'ardore del sapere, dell'allargare i propri confini, nonchè i propri orizzonti di pensiero, i posti dove ti puoi perdere nella vastità di libri, films, musiche, opere del mondo.... tutti quegli strumenti che ti portano alla coscienza che esiste un mondo, un mondo proprio oltre quel poco di mondo che noi limitatamente riusciamo a vedere; posti lontani, storie lontane di persone lontane... tutto questo fa parte della magia tipica di un posto dove puoi trovare tutto ciò che è cultura. Ben venga se poi una libreria si trova in una sala d'attesa dele poste, o in un aeroporto,.. o in un autogrill... quest'ultimo era stato prima il posto dove avevo comprato un libro di Giovanni Paolo II, e poi in un secondo momento dove ho trovato il film a lui dedicato in edizione speciale. Che sia una coincidenza di cose o no, sta di fatto che ho cominciato a seguire il pensiero di papa Giovanni Paolo,... e per capire questo mi sono appassionato alla sua storia umana, prima che diventasse Papa, per capire cosa si nascondesse dietro ad un sorriso così candido e a degli occhi così pieni di luce. Non voglio fare retorica, perchè non posso sprecare parole banali sul papa, ma c'è una cosa che merita l'attenzione e che non potevo non introdurla senza mensionare chi l'ha esaltata. Karol era una sorta di discepolo di Giovanni della Croce, un santo eccezionale che è stato anche un grandissimo poeta spagnolo (e fortunatamente si trova tanto materiale su wikipedia). In una scena del film "Karol", ai tempi in cui il Papa era un ragazzo che lavorava in una miniera di calcare, venivano lettie le seguenti parole:


« Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente.
Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei. »


Il pensiero di Giovanni della Croce, in particolare il concetto di «Notte Oscura» dell'anima e la dottrina del Nada y Todo ("Nulla e Tutto"), per illustrare l'ascesa al Monte della Perfezione, oltre che nella Salita del Monte Carmelo.

domenica, marzo 14, 2010

vorrei che tu fossi qui

Passeggiando per Catania si chiaccherava un po' di musica, e su di una canzone contenuta nell'album omonimo, ovvero " Wish you were here". Non è una canzone con il classico background banale da storielle d'amore o altro, ma è la storia vera, la storia vera dell’ex membro dei Pink Floyd Syd Barrett, allontanato dal gruppo nel 1968 per via di una grave infermità mentale e fisica causata dal continuo uso di droghe (in particolare LSD) che aveva compromesso la sua partecipazione ai concerti e al lavoro in studio. Nell’introduzione si sentono dei suoni confusi che sono stati registrati ricreando l'atmosfera di una stanza in cui alcune persone stanno ascoltando una vecchia radio. Viene spostata ancora la frequenza, passando velocemente da una stazione radio che accenna la quarta sinfonia di Čajkovskij, fino ad arrivare alla stazione in cui si suona l'introduzione di Wish You Were Here. L'esecuzione è però leggermente disturbata, poiché riprodotta dalla radio. Dopo qualche secondo, si sente una seconda chitarra che accompagna il suono della prima, ma stavolta ad un volume più alto e con più raffinatezza, volendo ricreare l'effetto di una persona che suona nella stanza sulle note della radio. Ne è ulteriore esempio il colpo di tosse e il successivo leggero sospiro con il naso. L’intro è stata eseguita da Gilmour con una chitarra a dodici corde.
La cosa più curiosa è che quando oramai Syd era quasi un corpo senza anima, Il 9 luglio 1975, mentre si incideva il brano Shine On You Crazy Diamond, comparve nello studio incredibilmente Syd Barrett, ma nessuno lo riconobbe e i Pink Floyd continuarono a suonare. Wright si sedette vicino a lui e solo dopo molti minuti riconobbe in quella figura ormai grassa e calva il loro amico Syd. Quel giorno David Gilmour si sposava con la sua fidanzata, l’americana Ginger, e invitò Barrett alla festa di matrimonio. Syd andò con i suoi ex compagni, ma dopo un po' scomparve così come era apparso. Non lo rividerò mai più.